Giacomo Manzu' scultore e pittore

A cura di Aurora Cantini

Nella casetta poco lontano dalla chiesina di San Rocco di Aviatico, lungo la stretta viuzza che un tempo faceva parte della rete di vie dette “Via Mercatorum” che conducevano a Trafficanti e da qui in Valle Brembana e poi salivano fino al Passo San Marco e in Svizzera, una panchina di pietra attende silenziosa il ritorno della bella stagione. Qui, ad Aviatico, su questa panchina, amava trascorrere ore serene di silenzioso riposo un personaggio oggi famoso in tutto il mondo, ma che in quegli anni lontani, nel 1934, era solo uno sconosciuto artista di 26 anni amante della montagna: Giacomo Manzoni, nato nel 1908 e morto il 17 gennaio 1991, per tutti Manzù, dalla pronuncia in dialetto del suo cognome.

Vi era salito quell’estate in viaggio di nozze con la fresca sposa Tina, di origine milanese, (nome completo Antonia Oreni, morta a 94 anni il 17 agosto del 2007, oggi sepolta nel Cimitero Monumentale di Bergamo, tomba dei Manzoni) che aveva sposato il 13 gennaio di quell’anno. Era in cerca di una stanza in affitto per il mese di agosto, nella casa di. e trovò casa in affitto accanto all’antica Dogana del Grano, presso Teresina Carrara, a cui pagò 300 lire, che lì abitava con il marito Battista e le figlie piccole: Nicolina e Rina. Uomo dolce e dimesso, riservato e quasi timido, Manzù trascorreva il tempo eseguendo schizzi sulla carta gialla del formaggio, oppure, nei giorni della fienagione, si mischiava ai contadini sul pendio aiutandoli nel fieno.

Dodicesimo figlio del calzolaio sacrestano della chiesa di Sant’Alessandro in Colonna, a Bergamo, Manzù conosceva infatti bene la vita semplice di chi è abituato a tirare la cinghia e per questo divideva senza nessun timore la stessa cucina con la signora Teresina a turni (prima cenava una famiglia e poi l’altra). La sera era d’obbligo la recita del rosario, a cui Manzù non mancava mai, come pure alle funzioni della sera in chiesa. Tra le poche e semplici cose che la giovane sposa Tina aveva con sé vi era un lenzuolo splendidamente decorato e ricamato tutto a mano, che donò alla signora Teresina come gesto di riconoscenza e di amicizia, ancora oggi conservato come un oggetto prezioso.

Con i coniugi Carrara sviluppò un legame affettivo talmente profondo che nel 1937 la signora Tina chiese espressamente a Teresina di dare il nome Laurinia alla neonata che portava in grembo. Era un omaggio doloroso e struggente alla propria figlioletta primogenita, Laurinia, morta qualche mese prima a soli due anni e che i Carrara avevano ben conosciuto essendo coscritta della loro terzogenita Gemma. E quando nel 1938 anche la seconda figlioletta di Manzù, Donatella, di soli due anni, non sopravvisse all’infanzia, tutto il paese sotto la Cornagera pianse per l’amico e il suo lutto. Nel 1939 nacque il figlio Pio, che crebbe con i bambini di Aviatico e divenne uno dei progettisti della Fiat 127. Morì in un incidente stradale il 26 maggio 1969 e solo qualche giorno prima era salito ad Aviatico a salutare la zia Maria, la signora Brigida e tutti gli amici fraterni.

Manzù era molto affezionato ad Aviatico e vi soggiornò ininterrottamente ogni estate fino al 1947, fino al 1942 in casa di Teresina Carrara e successivamente in casa della Petronilla, in cima Aviatico.

Anche la sorella di Manzù, Maria Manzoni, visse stabilmente alcuni anni ad Aviatico da sfollata negli anni della Seconda Guerra Mondiale, in casa di Brigida Carrara, mamma dei fratelli Dentella. Il figlio Evenzio, nato nel 1938, frequentò la classe prima nella scuola del paese e si devono al suo prodigioso talento i restauri di quasi tutte le opere presenti nelle chiese di Aviatico e Ama. Insieme al papà Mario, famoso restauratore, iniziò una luminosa carriera di pittore e restauratore, purtroppo stroncata nel 1988, a soli cinquant’anni. Maria Manzoni ritornò sempre ad Aviatico e rimase in contatto soprattutto con Brigida Carrara, la mamma di Valeria e dei fratelli del panificio salumeria del paese. Ogni anno, in occasione della prima domenica di ottobre, festa della Madonna del Rosario, i figli della Brigida scendevano a Bergamo in Città Alta Bergamo a prendere la signora Maria per accompagnarla su ad Aviatico. Questo rito proseguì fino al 2007, l’anno prima della sua morte.

Ancora oggi nella chiesa di Aviatico si possono ammirare molte sculture di Giacomo Manzù oltre ai restauri eseguiti dal cognato Mario Zappettini, apprezzato restauratore marito della sorella Maria, e dal nipote Evenzio Zappettini. Ben tre restauratori/decoratori/intarsiatori/pittori di Aviatico conobbero e stimarono Giacomo Manzù e offrirono il proprio talento nel realizzare o restaurare altari, cornici, opere, sculture e dipinti della chiesa: Battista Dentella (1887- 1972, uno dei primi a frequentare nel 1919 la Scuola d’Arte Fantoni a Bergamo), Egidio Dentella (morto a Mauthausen il 10 marzo 1945 a soli 38 anni), Virgilio Dentella (23 -5-1930 – 10 -4-1990, intarsiatore e compositore musicale).

Anche se nel tempo la vita portò a scelte e strade diverse, i giorni trascorsi sull’Altopiano dalla famiglia Manzù rimasero nel cuore e nella memoria di tutti ad Aviatico e mai si sono recisi i contatti e il profondo affetto reciproco. Nei loro volti e nelle loro parole si percepisce ancora oggi la grande stima nutrita soprattutto verso l’uomo Manzù. Era uno di loro, tenace tronco legato alla terra. Abituato  a sporcarsi del sudore della fatica, attaccato alle proprie radici bergamasche che mai rinnegò.

Il volume "Manzù pittore"
 

Il volume “Manzu’ pittore” edito dalla Corponove editrice di Bergamo e curato da Inge Manzù per far conoscere meglio la straordinaria opera pittorica del grande scultore, riproduce duecento opere – tutte a colori – raggruppate in dodici temi: Gli affreschi di Villa Ardiani, Il pittore e la modella, Studi per un ritratto, Dai cardinali a papa Giovanni, Il Nuovo Testamento, La pace e la guerra, La natura , L’amore, Omero, Le copie dai miei maestri, Modelle e passi di danza, Manzù e il palcoscenico.

A Selvino il volume si può trovare da Giuseppe Cortinovis – Piazza Europa, 4 e da Roberto Grigis – via Garibaldi, 48.

La Mitologia, il Teatro, la Filosofia, la Musica, la Poesia, la Pittura, la Bellezza, l’Amore, la Maternità, i Frutti della terra, il Mondo pastorale: questi, i temi che il giovane Manzù dipinse in silenzioso raccoglimento sulle pareti di Villa Ardiani a Selvino negli anni 1932 – 1933. Con forte originalità espressiva, venata di sensibile primitivismo, egli dispiegò la vita nei suoi valori più alti e più veri, rivelando quale animo ardente, quale intensa umanità e vero talento si celassero sotto il suo volto pallido e malinconico.

Manzù stesso si premurò di indicare in sintesi alla signora Ariani – in una lettera datata 2 settembre 1933 – i temi da lui svolti sulle quattro pareti. Di esse, solo una poté essere dipinta senza soluzione di continuità, le altre erano interrotte da elementi architettonici: un camino, che Manzù rivestì con un angelo in stucco raffigurante la Pace, e due finestre, per le quali trovò soluzioni geniali. Dispose le figure in modo da assecondare o riassorbire le aperture, ottenendo così un mirabile effetto unitario. Queste preziose pitture murali a encausto, vennero “strappate” dalle pareti della villa nel 1982. Restaurate e riportate su tela, si trovano ora a Milano nella collezione Ardiani.

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18
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